Lo Studio Quiriconi & Partners, assiste le aziende ed i privati nella seguente procedura, poco conosciuta ma di enorme impatto sugli interessi di una vasta platea di soggetti, contro ogni pretesa debitoria dalle cartelle esattoriali di Equitalia agli istituti di credito ecc...
Procedura per risanamento condizioni debitorie o di sovraindebitamento
Legge n.3/2012 e modifiche da D.L. 179/2012
Destinatari: consumatori e altri soggetti esclusi dalle procedure fallimentari quali Az.Agricole oltre ad imprese che non superano questi limiti: vedi sotto “(1) Fallimento: limiti”
In sintesi:
Sono fallibili le imprese private, sia in forma individuale che in forma societaria, che esercitano un’attività commerciale di cui all’art. 2195 del codice civile.
Sono escluse dalla disciplina del fallimento le imprese pubbliche, le imprese non commerciali e le imprese agricole.
Soprattutto
sono esclusi dalla fallibilità i piccoli imprenditori, secondo la definizione che ne dà l’articolo 2083 codice civile:
i coltivatori diretti, gli artigiani e tutti coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia.
La legge fallimentare, inoltre, stabilisce
limiti dimensionali la cui
presenza congiunta consente ad un imprenditore di essere
sottratto alla disciplina del fallimento, anche qualora eserciti un’attività commerciale:
- l’impresa ha avuto, nei
tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), un
attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a euro 300.000;
- l’impresa ha realizzato, nei
tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore),
ricavi lordi complessivi annui non superiori a euro 200.000;
- l’impresa ha un
ammontare di debiti, anche non scaduti,
non superiore a euro 500.000.
Solo e soltanto la
presenza congiunta di TUTTI e tre i requisiti dimensionali appena elencati consente all’impresa di
non essere assoggettabile a fallimento.
Per “sovraindebitamento” la legge intende una situazione perdurante di squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il proprio patrimonio prontamente liquidabile, nonché la definitiva incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Una definizione piuttosto ampia che potrebbe includere la gran parte dei casi in cui il consumatore nel pagare ad esempio rate di finanziamento, mutuo etc.
Il procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento permette di rivolgersi ad un organismo apposito o a un professionista abilitato (commercialisti, avvocati, notai) e poi al tribunale con un piano di rientro che, se accolto, diventerà vincolante per i creditori, anche se non tutti i debiti saranno onorati.
Ove il piano non fosse possibile o fosse respinto dal giudice, il consumatore potrà comunque accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.
Durante l'esecuzione della procedura, il giudice sospende ogni azione esecutiva (pignoramento etc.) dei creditori nei confronti dei beni del debitore.
Una volta terminata con successo la procedura, il debitore sarà esdebitato, ovvero sarà libero da ogni debito ancora non onorato. Avrà così una “fresh start”, o nuovo inizio.
Il consumatore ha a disposizione tre diverse procedure:
A) Accordo con i creditori. Questa procedura prevede che la proposta sia sottoscritta dai creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. E' sconsigliabile per i consumatori, che invece hanno nel “piano del consumatore” (vedi sotto) una procedura ben più vantaggiosa che non richiede il consenso di alcun creditore.
Per questo, in questa scheda non parliamo di questa procedura.
B) Piano del consumatore. Questa la procedura consigliata per i consumatori, ovvero le persone fisiche che hanno fatto debiti esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Come detto, questa procedura non richiede l'accordo dei creditori, ma dovrà comunque assicurare ai creditori una soddisfazione maggiore di quella che si avrebbe attraverso la liquidazione di tutti i beni del consumatore (vedi sotto). Questi i requisiti di ammissibilità al piano del consumatore:
- situazione di sovraindebitamento;
- solo soggetti esclusi dalle procedure concorsuali previste nella legge fallimentare (ovvero, solo consumatori, artigiani, professionisti, etc.);
- non aver fatto ricorso alla stessa procedura nei cinque anni precedenti;
- non aver subito la risoluzione, revoca o cessazione degli effetti del piano del consumatore;
- fornire documentazione che consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
C) Liquidazione del patrimonio. In alternativa al piano del consumatore, si può chiedere la liquidazione di tutti i propri beni. In breve, se non è possibile agire attraverso il piano del consumatore, che permette un certo margine di scelta su quali beni cedere, si rinuncia a tutti i propri beni (ad eccezione di alcuni impignorabili) per avere l'esdebitazione. Si può accedere a questa procedura anche se si è soggetti a procedura concorsuali diverse, o se si è già fatto ricorso nei precedenti cinque anni al piano del consumatore o all'accordo con i creditori (condizioni che invece non permettono di accedere alle altre due procedure).
Indice scheda
PIANO DEL CONSUMATORE
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO
ESDEBITAZIONE
SANZIONI PENALI PER CHI TRUCCA LE CARTE
ORGANISMI PER LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI
RIFERIMENTI NORMATIVI
PIANO DEL CONSUMATORE
A chi rivolgersi per iniziare
Il primo passo è trovare un professionista abilitato (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti, notai) o società di professionisti abilitati disposti ad assistere il consumatore in questa procedura. Una volta trovato un professionista disponibile, il consumatore potrà fare istanza di nomina del professionista al Presidente del Tribunale del proprio luogo di residenza. Dopodiché sarà il professionista a curare l'intero iter del procedimento.
La legge prevede anche appositi organismi di composizione della crisi, ma il Governo non ha ancora emanato il decreto attuativo (vedi sotto). Ad oggi, quindi solo i professionisti e società di professionisti possono assistere il consumatore.
Redazione del piano del consumatore
Il professionista dovrà redigere il “piano del consumatore” che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti, con scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, con l'indicazione delle eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni.
E' possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento (e non quindi, il pagamento in misura inferiore rispetto al dovuto).
Il piano può inoltre prevedere la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei redditi futuri (ad esempio, con la cessione di una parte dello stipendio).
Se i beni o i redditi del debitore non sono sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più soggetti che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo.
Il piano può anche prevedere una moratoria fino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.
Deposito in tribunale del piano del consumatore
Il piano del consumatore deve essere depositato a cura del professionista presso il tribunale del luogo di residenza del consumatore. Con il deposito del piano, si sospende il corso degli interessi convenzionali e legali, ad eccezione che per i crediti garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.
Nel caso tra i creditori vi siano anche Pubbliche Amministrazioni (Agenzia delle Entrate, Comuni, etc.) o agenti per la riscossione (es, Equitalia), il piano dovrà anche contenere la ricostruzione della posizione fiscale del consumatore e
l'indicazione di eventuali contenziosi pendenti. Inoltre, entro tre giorni dal deposito del piano in tribunale, il professionista dovrà presentare il piano sia alle Pubbliche Amministrazioni creditrici che agli agenti di riscossione coinvolti.
Unitamente al piano, il consumatore deve presentare:
1) l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia;
2) una relazione particolareggiata del professionista che deve contenere:
- l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le obbligazioni;
- l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
- il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;
- l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
- il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.
Il giudice può concedere al massimo 15 giorni per la presentazione di integrazioni e nuovi documenti.
Udienza e sospensione dei pagamenti
I tempi previsti dalla legge sono molto brevi, e c'e' francamente da dubitare che la giustizia italiana riuscirà a rispettarli. Infatti, una volta depositato il piano, se conforme ai requisiti di cui sopra, il giudice fissa immediatamente l'udienza con decreto d'urgenza. Il professionista dovrà trasmettere il piano e il decreto a tutti i creditori almeno trenta giorni prima dell'udienza. L'udienza deve tenersi comunque entro 60 giorni dal deposito del piano.
Sempre nel decreto d'urgenza, quando nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata (pignoramento etc.) potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo.
Omologazione del piano del consumatore
Verificata la fattibilità e idoneità del piano, il giudice, quando esclude che il consumatore ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacita' patrimoniali, omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità. L'omologazione (o il rigetto dell'omologazione) deve intervenire entro sei mesi dal deposito del piano del consumatore.
Il decreto di omologazione è equiparato all'atto di pignoramento.
Quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura del professionista.
Se invece il giudice rigetta il piano, con l'ordinanza di diniego revoca il provvedimento di sospensione delle azioni esecutive contenute nel decreto d'urgenza.
Di grande importanza il fatto che il giudice possa omologare il piano del consumatore anche quando i creditori non sono d'accordo. Infatti, è previsto che il giudice possa comunque omologare il piano se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore a quella che si otterrebbe con la procedura della liquidazione dei beni (vedi sotto).
Dalla data di omologazione è vietato ai creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, né iniziare o proseguire azioni cautelari o acquistare titoli di prelazione sul patrimonio del consumatore. Ai creditori posteriori è vietato procedere con azioni esecutive sui beni oggetto del piano del consumatore.
Tuttavia, la sospensione viene meno in caso di mancato pagamento di crediti impignorabili, oppure quando il credito riguarda risorse proprie della UE, l'Iva e alle ritenute operate e non versate.
Esecuzione dell’accordo
Nel caso in cui per soddisfare i creditori vengano utilizzati beni già pignorati o se previsto dall'accordo, il giudice -su proposta del professionista- nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.
E' il professionista che deve risolve le eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione del piano e vigila sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. E' invece il giudice ad esprimersi sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi.
E’ sempre il giudice che, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto dispositivo all'accordo e al piano, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.
A garanzia del rispetto dell’accordo, i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo e del piano sono inefficaci.
Se l'esecuzione del piano diviene impossibili per ragioni non imputabili al consumatore, questi insieme al professionista può chiedere al giudice una modifica della proposta.
Revoca e cessazione degli effetti dell'omologazione
Le cause di revoca revoca del piano e cessazione degli effetti dell'omologazione sono i seguenti:
1) revoca di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle
scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L'accordo e' altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
Il giudice provvede d'ufficio con decreto reclamabile.
2) Il tribunale, su istanza di ogni creditore da farsi entro sei mesi dalla scoperta, e in contraddittorio con il debitore, dichiara cessati gli effetti dell'omologazione del piano:
a) Quando e' stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. In ogni caso, l'istanza deve essere presentata non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano.
b) Se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore. In ogni caso, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal piano.
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO
La liquidazione prevede che il consumatore rinunci a tutti i suoi beni (ad eccezione di alcune categorie impignorabili, vedi sotto) che verranno poi utilizzati per pagare i creditori. Se il piano del consumatore può essere considerato un fallimento “soft”, in quanto il debitore ha maggiore scelta in merito a quali beni rinunciare, la liquidazione è un fallimento definitivamente “hard”, dopo il quale il consumatore sarà esdebitato, ma avrà perso sostanzialmente tutto ciò che aveva.
Due sono i casi in cui si apre la liquidazione:
1) Quando non si può accedere al piano del consumatore perché si è soggetti ad altre procedure concorsuali, o si è già fatto ricorso nei precedenti cinque anni al piano del consumatore o all'accordo con i creditori. In questo caso, è necessario seguire la procedura che di seguito si descrive.
2) Quando il giudice stesso converte in liquidazione il piano del consumatore già presentato, su istanza del debitore o di uno dei creditori, se il piano è revocato (ad eccezione del caso in cui l'impossibilità di adempiere non sia imputabile al consumatore). In questo caso, basterà probabilmente integrare la documentazione già presentata con l'inventario di tutti i beni.
Deposito della domanda di liquidazione
La domanda deve essere presentata presso il tribunale del luogo di residenza del consumatore. Se tra i creditori vi sono anche Pubbliche Amministrazioni (Agenzia delle Entrate, Comuni, etc.) o agenti per la riscossione (es, Equitalia), entro tre giorni dal deposito del piano in tribunale, il professionista dovrà presentare la domanda anche a questi creditori.
Unitamente alla domanda, il consumatore deve presentare anche la documentazione che consenta di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore, ovvero:
1) l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia;
2) l'inventario di tutti i beni del consumatore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli immobili e delle cose mobili;
3) una relazione particolareggiata del professionista che deve contenere:
- l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le obbligazioni;
- l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
- il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;
- l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
- il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della domanda.
Non sono compresi nella liquidazione i seguenti beni, che rimangono quindi al consumatore:
a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 del codice di procedura civile;
b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice;
c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del codice civile;
d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Decreto di apertura della liquidazione
Se la domanda e la documentazione sono complete, e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, il giudice apre la procedura di liquidazione. Nel decreto nomina un liquidatore, dispone la sospensione di tutte le azioni cautelari ed esecutive dei creditori anteriori, ordina la consegna dei beni e del patrimonio del consumatore (per gravi motivi, può consentire che il consumatore possa continuare ad utilizzare alcuni di essi). Anche i creditori posteriori non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.
Nel caso di beni immobili e beni mobili registrati, il liquidatore provvedere alla trascrizione del decreto nei relativi registri al pari di un pignoramento.
La procedura di liquidazione rimane aperta fino a quando non è completato il programma di liquidazione. In ogni caso, ogni bene che il consumatore acquista nei quattro anni successivi, entra a far parte del procedimento di liquidazione, ed il consumatore deve darne conto aggiornando l'inventario di beni.
La liquidazione
Il liquidatore nominato dal giudice provvederà ad eseguire i controlli sulla documentazione e a fare l'inventario e comunica ai creditori i termini e modalità per poter partecipare alla liquidazione. Una volta ricevute le domande dei creditori, predispone un progetto di stato passivo che poi comunica ai creditori. In caso di osservazioni dei creditori, il liquidatore può modificare il progetto oppure rimettere la questione al giudice.
Entro 30 giorni dalla formazione dell'inventario, il liquidatore elabora quindi un progetto di liquidazione e lo comunica ai debitori e ai creditori. Dopodiché, in qualità di amministratore dei beni oggetto della liquidazione, effettua le operazioni di liquidazione (cessione crediti, vendita tramite procedure competitive, etc.). Informa poi il consumatore, i creditori ed il giudice sugli esiti della liquidazione.
Il giudice, se il liquidatore ha operato conformemente al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme ricavate e ordina la cancellazione delle trascrizioni eventualmente effettuate sui beni oggetto della liquidazione.
Una volta completato l'iter, e comunque non prima di quattro anni dal deposito della domanda, il giudice dispone con decreto la chiusura della procedura. Infatti, anche i beni che il consumatore acquisisce nel corso dei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione devono essere inseriti nell'inventario dal consumatore.
ESDEBITAZIONE
Con l'esecuzione del piano del consumatore o della procedura di liquidazione, il consumatore è esdebitato, ovvero ottiene il beneficio di essere liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.
Per ottenere l'esdebitazione, il consumatore fa ricorso al giudice entro l'anno successivo alla chiusura della liquidazione. Il giudice dichiara quindi inesigibili i crediti non soddisfatti integralmente.
Il decreto di esdebitazione avviene a condizione che il consumatore:
a) abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
b) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
c) non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;
d) non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti (vedi dopo la sezione Sanzioni);
e) abbia svolto, nei quattro anni di cui all'articolo 14-undecies, un'attivita' produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un'occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego;
f) siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.
L'esdebitazione e' esclusa:
a) quando il sovraindebitamento del debitore e' imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacita' patrimoniali;
b) quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.
I seguenti debiti non possono essere oggetto di esdebitazione, e quindi continueranno a pendere sul consumatore:
a) per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;
b) per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti;
c) per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Il provvedimento di esdebitazione e' revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori, se risulta:
a) che il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri;
b) che e' stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero simulate attività inesistenti.
SANZIONI PENALI PER CHI TRUCCA LE CARTE
Il debitore è punito con la reclusione da sei mesi a 2 anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro se:
a) al fine di ottenere l'accesso alla procedura, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;
b) al fine di ottenere l'accesso alla procedura, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;
c) omette l'indicazione di beni nell'inventario allegato al piano;
d) dopo il deposito della proposta del piano, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;
e) intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano del consumatore.
Sanzioni penali (da sei mesi a tre anni di reclusione e multa da 1.000 a 50.000 euro) anche per professionisti che rendono false attestazioni o causano un danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del loro ufficio.
ORGANISMI PER LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI … in attesa dei decreti attuativi del Governo
Saranno i veri protagonisti di questa nuova procedura, quando il Governo emanerà i relativi decreti attuativi (che avrebbe dovuto emanare nel 2012 entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge!). Per ora, come visto, il consumatore dovrà rivolgersi ad un professionista o società di professionisti abilitati.
Questi organismi dovranno essere iscritti in un apposito elenco presso il Ministero della Giustizia. Sarà lo stesso Ministero ad emanare un decreto con cui è stabilita la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.
In ogni caso, gli organismi di conciliazione già oggi esistenti presso le camere di commercio, gli ordini professionali di avvocati, notai, commercialisti ed esperti contabili potranno assumere anche il ruolo di organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento su semplice domanda.
Fra i loro compiti, oltre a quelli già visti sopra, l’assunzione di ogni opportuna iniziativa, funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell'accordo e alla buona riuscita dello stesso. Inoltre, collabora con il debitore e con i creditori anche attraverso la modifica del piano oggetto della proposta di accordo.
E’ compito dell’organismo verificare la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attestare la fattibilità del piano e trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta.
Infine, l'organismo esegue la pubblicità della proposta e dell'accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice.
RIFERIMENTI NORMATIVI
- Legge n. 3/2012, artt. 6 e ss.
(Dapprima questo procedimento era stato introdotto nel decreto legge 212/2011, in vigore fino al 28 febbraio 2012. E' stato però eliminato in sede di conversione in legge n. 10/2012, perché "spostato" nella legge ad hoc n. 3/2012 di cui si dà conto in questa scheda; è poi intervenuta la modifica con il d.l. 179/2012, che ha introdotto il piano del consumatore e la liquidazione).
(1) Fallimento: limiti
Non tutti gli imprenditori possono essere sottoposti a fallimento. La legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267) stabilisce infatti determinati requisiti di natura soggettiva e oggettiva in presenza dei quali un’impresa rientra nel campo di applicazione del fallimento.
Requisito Soggettivo.
Sono fallibili le imprese private, sia in forma individuale che in forma societaria, che esercitano un’attività commerciale di cui all’art. 2195 del codice civile.
Parliamo quindi delle attività di produzione di beni o servizi, intermediazione nella circolazione dei beni, trasporto per terra, acqua, aria, ma anche le banche, le assicurazioni e le attività ausiliarie delle precedenti.
Sono pertanto escluse dalla disciplina del fallimento le imprese pubbliche, le imprese non commerciali e le imprese agricole.
Soprattutto
sono esclusi dalla fallibilità i piccoli imprenditori, secondo la definizione che ne dà l’articolo 2083 codice civile:
i coltivatori diretti, gli artigiani e tutti coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia.
La legge fallimentare, inoltre, stabilisce
limiti dimensionali la cui
presenza congiunta consente ad un imprenditore di essere
sottratto alla disciplina del fallimento, anche qualora eserciti un’attività commerciale:
- l’impresa ha avuto, nei
tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), un
attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a euro 300.000;
- l’impresa ha realizzato, nei
tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore),
ricavi lordi complessivi annui non superiori a euro 200.000;
- l’impresa ha un
ammontare di debiti, anche non scaduti,
non superiore a euro 500.000.
Solo e soltanto la
presenza congiunta di tutti e tre i requisiti dimensionali appena elencati consente all’impresa di
non essere assoggettabile a fallimento.
Ne consegue che se, ad esempio, un‘impresa, pur avendo avuto negli ultimi tre esercizi un attivo patrimoniale complessivo pari a euro 250.000 e ricavi lordi complessivi pari a euro 150.000, qualora risultino debiti superiori a euro 500.000, potrà essere –
in teoria e non automaticamente – dichiarata insolvente e sottoposta al fallimento.
Requisito Oggettivo.
Riguardo questo aspetto, un’impresa che presenta i requisiti soggettivi per essere potenzialmente dichiarata fallita, affinché venga aperta nei suoi confronti la procedura di fallimento deve trovarsi in uno
stato di insolvenza.
Lo stato di insolvenza è quella situazione in cui l’imprenditore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni nei confronti dei creditori e che si manifesta, soprattutto, con inadempimenti.
Per l’accertamento delle soglie dimensionali al di sotto delle quali è esclusa la fallibilità, l’articolo 1 della legge fallimentare stabilisce che
incombe sull’imprenditore investito da un’istanza di fallimento
dimostrare la sussistenza di tutti i tre requisiti (ammontare dell’attivo, dei ricavi lordi e dei debiti) che consentono di evitare di essere sottoposto a procedura concorsuale.
Ciò comporta che l’imprenditore che non riesca a dimostrare la sussistenza di tali requisiti dimensionali sarà comunque sottoposto a fallimento,
qualora si tratti di un imprenditore commerciale.
Più problematico può invece presentarsi l’accertamento della sussistenza dello stato di insolvenza, il quale, in base alla norma, deve manifestarsi mediante inadempimenti sistematici e non occasionali, oltre ad altri fattori esterni (ad esempio: la chiusura di rami d’azienda, il ricorso a licenziamenti collettivi, lo spostamento della sede, un forte squilibrio patrimoniale, altro).
Va infine ricordato che
non può essere dichiarato il fallimento dell’imprenditore che, pur in presenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi,
abbia debiti scaduti e non pagati complessivamente
inferiori a euro 30.000,00
Contattaci e scopri i molti vantaggi e benefici della soluzione che abbiamo per te !
per saperne di più leggi allegato
clicca qui sotto sul pulsante "Scarica Documento" ▼